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Fedela De Filippis e un sogno per due: “Vorrei vincere un titolo con la Virtus Cap San Michele”

 23/10/2025 Letto 350 volte

Categoria:    Femminile
Autore:    Redazione
Società:    VIRTUS CAP SAN MICHELE




Tutti la conoscono come Federica, ma in pochi sanno il suo vero nome: Fedela, Fedela De Filippis. Come sua nonna, scomparsa quando papà De Filippis aveva appena due anni. “Da piccola mi prendevano in giro. Fedela? Ma che nome è? Poi, proprio perché raro, ho iniziato ad apprezzarlo: non lo capisce mai nessuno, devo ripeterlo almeno due volte. E quindi rimane impresso”. Ma non è solo questo a distinguerla. Federica - pardon, Fedela - è una giocatrice dal talento cristallino, al punto che, pur giocando in Serie C, appena quindicenne colleziona qualche presenza con la Nazionale Under 17 di calcio a 11. Alle porte, siamo nel 2015, c’è il Mondiale di categoria in Costa Rica, nei raduni a Coverciano va fortissimo, ma il suo pregio più grande - quello di essere una bimba prodigio - diventa anche il suo più grande limite: troppo piccola. Quel no, comunque, la forma. Capisce di voler dare ancora di più, non le bastano le pacche sulle spalle che riceve in paese. La successiva esperienza, in Serie A con la Pink, dura un anno: a fine stagione, il suo ginocchio cede. È a questo punto - e dopo un’operazione al menisco - che il futsal incrocia la sua via, ma è anche il punto esatto in cui le crolla il mondo addosso. La scomparsa del fratello è un lutto terribile, di quelli che mandano il cuore in frantumi, e per quanto tu possa sforzarti di aggiustarlo, sai sempre che te ne mancherà un pezzo enorme. La sua reazione è netta: basta pallone, basta Italia. Ha 18 anni e tutto da ricostruire: a Londra trova subito lavoro, deve mantenersi, diventare adulta. Col calcio ha chiuso. Eppure, quando un procuratore la chiama per un’esperienza all’Espanyol nella massima categoria femminile, qualcosa si riaccende. Pochi giorni dopo lascia Londra per trasferirsi a Barcellona. Ramblas. Tutto bello, penserete. E, invece, qualcosa non va: non è ancora pronta per una vita da professionista. Il pallone può aspettare. Capisce che le manca casa, le manca la famiglia lasciata nel momento più buio. Quando torna in Italia, due anni più tardi, è già cambiata tantissimo: riallaccia rapporti che aveva lasciato cadere nel silenzio, dona quegli abbracci che tante volte non ha avuto il coraggio di dare. Prova, in qualche modo, a riempire il vuoto lasciato da un ragazzo con i suoi stessi colori e i suoi stessi lineamenti. “A volte sembro dura, ma è solo che tengo tutto dentro. Col tempo, e a modo mio, mi sono ripresa tante cose, ora sono felice di essere qui. Ma dovevo allontanarmi per capirlo”.

Anche il futsal, in fondo, le è mancato. Dopo il Molfetta, ci riprova con la Nox: resiste 6 partite e poi va via. Ha bisogno di capire, sbagliare. Ma non trovava spazio per farlo. Anche se in Puglia gira voce che sia una testa calda, la Virtus Cap San Michele va oltre e la contatta. “Non è che vai via da un giorno all’altro?”, le chiedono i presidenti Marzia Sapone e Mario Mastronardo. Fedela non dà una vera risposta, preferisce fare un gesto che le costa molto di più: parlare di sé. Aprirsi. E, a distanza di tre anni da quell’incontro, il rapporto con la Virtus Cap San Michele continua con l’affetto di sempre. “Per ogni stagione che completo, Isabel Pugliese mi regala una targhetta. Chissà se arriverà anche la quarta. Scherzi a parte, è bello far parte di questo gruppo e iniziare insieme un altro cammino: siamo partite con un ko che ci ha destabilizzate, perché in casa del Levante eravamo andate per fare risultato. Contro l’Avezzano ci siamo rifatte, ma rimaniamo con i piedi per terra”. Ora un’altra abruzzese: il Nora, in trasferta. “L’anno scorso ci hanno fatto soffrire, soprattutto in casa loro. Mi aspetto tanta aggressività, ma cercheremo di imporre il nostro gioco”.

Quella ragazzina che di calcio a 5 non capiva niente - “ma ho sempre ammirato Taty come si farebbe con una divinità” - è diventata una giocatrice completa con la Virtus Cap San Michele. “Sarà la stabilità, saranno i rapporti umani. Per la prima volta vorrei dedicarmi molto di più al futsal. Non ho mai vinto un titolo, ma farlo con questa squadra sarebbe meraviglioso”. E la dedica sarebbe scontata. “Con mio fratello parlavamo solo di calcio, dalla mattina alla sera. Quando si è spenta quella voce, per me nulla ha avuto più senso. Ero quella che ero perché era il mio primo tifoso. Ma il primo a essere felice, se potesse rivedermi in campo, sarebbe proprio lui. È il motivo per cui non mi sento appagata neanche dopo una tripletta, vorrei fare sempre qualcosa in più. Giocare mi ha salvato la vita, ma non lo faccio per me. Io corro sempre per due”.


Anita Ferrante





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